Seye, Djabate, Bah, Robb e tanti altri giovani come loro.
Sono i ragazzi usciti dal ghetto per vivere in una casa affittata regolarmente.
Vite e storie salvate, strappate alle tendopoli della Piana di Gioia Tauro, in Calabria, per essere riportate alla “normalità”: un lavoro regolare, una prospettiva di crescita, l’integrazione con la comunità locale, la gioia di poter vivere la propria identità in una terra accogliente e rispettosa.

Sono questi i principali esiti di Spartacus, il progetto all’interno del quale è nata l’iniziativa sperimentale promossa dall’associazione Interculturale International House di Reggio Calabria, in collaborazione con la cooperativa no profit Chico Mendes e Altraeconomia, e finalizzata alla ricerca di alternative lavorative sostenibili a favore degli immigrati presenti nell’area di San Ferdinando e Rosarno, nella provincia di Reggio Calabria.

Storie dal lieto esito, come quella di Bah e Robb che oggi lavorano per l’azienda agricola Kalogea, hanno dentro di sé tutta la felice filosofia di un progetto avviato nel 2019 e ancora in corso.

Kalogea è una delle realtà produttive solidali che hanno detto “Sì” a questa sfida lanciata da International House, insieme al “consorzio del quale fanno parte Calabria Solidale, una rete di piccoli produttori che utilizza il circuito del commercio equo e solidale e ha come principi ispiratori la legalità, il rispetto dell’ambiente e la tutela del lavoro”, così come ben raccontato sul n. 41 di Reportage da Angelo Mastrandea.

E tante sono le storie di questi ragazzi che, grazie a Spartacus, hanno visto rompere le catene che li tenevano in schiavitù: storie che vivono nei loro racconti e nelle parole dei protagonisti nel vivido racconto di Altreconomia.

“Il prossimo passo – spiega la coordinatrice del progetto Spartacus, Mariella De Martino – sarà l’apertura di un’agenzia che si occuperà di cercare casa e lavoro agli africani”.

Dove
Area della Piana di Gioia Tauro (Comune di Rosarno e Comune di San Ferdinando)

Quando
Progetto avviato il 1° febbraio 2019, ancora in corso

Gli ambiti di intervento*
• Accompagnamento al lavoro
• Rafforzamento delle competenze, alfabetizzazione come strumento per l’inserimento lavorativo
• Formazione e sviluppo professionale in ambito agricolo
• Matching domanda/offerta di lavoro

Il target*
Braccianti residenti nella tendopoli di San Ferdinando o nelle baraccopoli sorte nella Piana di Gioia Tauro.

L’obiettivo*
Favorire l’inserimento lavorativo regolare e contrastare la segregazione abitativa tramite la promozione di un alloggio dignitoso.

Le fonti di finanziamento*
Fondazione Peppino Vismara, Unione buddhista italiana

Le attività*
Tra le varie attività condotte nell’ambito del progetto, si possono distinguere diverse categorie di intervento:

• è stato dapprima creato un database con i dati di circa 150 immigrati prevalentemente provenienti dall’Africa Sub-sahariana che vivono nelle baraccopoli e tendopoli della Piana di Gioia Tauro. Questi ultimi sono stati intervistati per conoscere il livello scolastico raggiunto, i lavori svolti in passato, le loro attitudini e aspirazioni ed è stato quindi tracciato un profilo delle competenze professionali da loro già possedute e di quelle necessariamente da rafforzare. È stato successivamente offerto loro un percorso di formazione lavorativa in ambito agricolo e socio culturale, funzionale a una vera integrazione nella società (grazie anche al supporto dell’ufficio di Reggio Calabria dell’educazione degli adulti). Questo è stato un passaggio essenziale per il match con le aziende, che si configura quale attività cardine del progetto
• allo stesso tempo, infatti, è stato creato un secondo database di circa 100 imprese sensibili e solidali da coinvolgere nel processo di assunzione degli immigrati. Tramite anche l’aiuto di don Roberto Meduri, sacerdote attivo da anni nella Piana di Gioia Tauro, e alla sua conoscenza approfondita dei braccianti, è stata avviata una prima fase di selezione e alcuni migranti sono stati inseriti presso le aziende identificate
• per tutti i migranti registrati nel database è stato previsto un percorso di accompagnamento nella ricerca di un alloggio dignitoso con un eventuale sussidio da parte del progetto. Inoltre, i destinatari sono stati supportati nelle procedure amministrative relative agli aspetti migratori, in particolar modo per la sanatoria in corso.

I risultati ottenuti in termini quantitativi*
Durante il primo anno di progetto hanno trovato una casa e sono stati assunti regolarmente con contratto agricolo annuale 20 persone. Tra le aziende che hanno assunto i migranti, figurano: I frutti del sole di San Calogero, Cooperativa Nelson Mandela di Gioiosa Ionica, azienda dei fratelli Luccisano a Cittanova.
Tutti i migranti all’interno del database sono stati supportati nel rafforzamento dei propri profili professionali.

I risultati ottenuti in termini qualitativi*
I risultati dal punto di vista qualitativo sono da considerarsi positivi, anche alla luce della generale soddisfazione espressa da parte degli stessi datori di lavoro.

Le prospettive future*
Tra le prospettive future vi è l’ampliamento del progetto, tramite l’inserimento lavorativo e la ricerca di un alloggio dignitoso per tutti coloro che sono stati registrati nel database.
Inoltre, inizialmente il progetto ha avuto un approccio di tipo “assistenzialistico”, per esempio tramite incentivi alle imprese contattate per l’assunzione. La forma dell’incentivo, oltre a non essere economicamente sostenibile nel tempo per il progetto, non rispecchia quello che invece si auspica più profondamente nel futuro, ovvero una maggiore attenzione all’empowerment dei destinatari.
In una visione invece di più lungo termine, il progetto mira ad inserirsi nella costruzione di un’alternativa: la condizione dei migranti a Rosarno non è solo il frutto del caporalato o dell’inedia delle istituzioni, ma anche il risultato di una filiera dello sfruttamento che parte dalla Grande Distribuzione Organizzata, passa per le imprese multinazionali che acquistano le arance a 8-10 centesimi al kg e termina con il lavoro degli immigrati che costituiscono l’ultimo anello di una catena dello sfruttamento del lavoro e delle risorse naturali. Spartacus, costituendosi come buona pratica, intende porsi come banco di prova per sperimentare un modello replicabile che, da una parte, crei una domanda a prezzo equo per le imprese locali che assumono regolarmente i migranti, e, dall’altra, concorra alla formazione di una rete nazionale di imprese, eticamente orientate, in grado di contribuire attivamente all’inclusione lavorativa di queste persone.

*Fonte: https://www.ismu.org/progetto-spartacus/